Quando storia, mito e leggende si fondono ogni anno nella patronale

By 8 Luglio 2019Articoli

San Savino, vescovo di Spoleto alla fine del III secolo d.C., patrono che non ha mai conosciuto la città di Ivrea e che in essa è entrato circa seicento anni dopo la sua morte, Eporedia, città fondata dai Salassi, popolo di origine celtica, stabilitosi nel V secolo a.C. in Canavese, ed Epona, la grande giumenta, figlia di un uomo e di una giumenta, dea dei cavalli e dei muli, divinità di origine celtica, che prende posto tra gli dei della mitologia romana, si incontrano da moltissimi anni in questo luogo per dare vita ad una festa profondamente sentita dagli eporediesi, che unisce cristianesimo e paganesimo assumendo una valenza fortemente simbolica nell’anima della città che la ospita e nei suoi visitatori che, in gran numero, ogni anno intervengono. In quei giorni padrone della città diventa il cavallo, simbolo di Ivrea. Ma che cos’è un simbolo? Un simbolo è un’immagine o un oggetto che acquista il suo valore simbolico attraverso i significati e le emozioni che evoca in noi. È con questa idea di simbolo che occorre guardare alla festa equestre di San Savino. È nell’immagine simbolica del cavallo che si consolida il senso di appartenenza a questa città. L’attaccamento alla festa ad esso dedicata e la necessità di ripeterla ogni anno trova significato nel bisogno di ricordare le proprie origini e i propri antenati.

L’importanza della figura del cavallo è collettiva e transculturale, non riguarda solo Ivrea. Questa splendida creatura ha assunto nel corso dei secoli, in moltissime civiltà, un significato simbolico molto forte. I bellissimi cavalli bianchi sono sempre stati apprezzati, sia come cavalcature dei sovrani, sia per trainare in cielo i carri degli dèi. Oltre ai re e agli dèi, anche i messia e i profeti cavalcano simili creature, e sarà su di un cavallo bianco che il profeta Maometto tornerà la seconda volta. Sul frontone del Partenone sono raffigurati maestosi cavalli che trainano il carro del sole e quello della luna. Il cavallo nero è presagio di morte e viene ovunque considerato adatto ai funerali, per accompagnare le anime nell’Oltretomba. Il cavallo, dunque, ha anche un lato sinistro e catastrofico sottolineato, per esempio, nel libro dell’Apocalisse quando i primi quattro sigilli vengono rotti e in groppa a quattro cavalli appaiono i quattro cavalieri dell’apocalisse, che simboleggiano la guerra, la carestia, la peste, la morte. Il simbolismo equestre non si limita al regno celeste, si estende anche alla terra, al mondo sotterraneo e al mare. I cavalli che Poseidone sprona emergendo dalle onde sono le forze cosmiche che erompono dal caos primordiale dell’abisso. Domare e costringere queste forze al volere dell’uomo è un’allegoria della civilizzazione: il trionfo dell’intelligenza disciplinata e della determinazione sulle forze della natura. Il fatto che cavalieri eroici come San Giorgio combattano contro il drago montando a cavallo non fa che accentuare questa implicazione allegorica.

Tra la moltitudine di storie e di miti che parlano di cavalli, vogliamo ricordare una vicenda che vede protagonisti due celebri divinità greche, che come sapete, sono a noi estremamente care: Poseidone, il dio del mare e dei terremoti, donò il cavallo all’umanità, ma la saggia Atena consegnò all’uomo le briglie. Con questi doni l’uomo ha potuto convogliare a sé la potenza del cavallo e farlo suo alleato, tanto nelle occasioni infauste quanto in quelle di gioia, come la festa di San Savino.